LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza,  sul ricorso n. c/125052
 proposto da Giacomo Festa, nato a Carmagnola il 20 novembre  1912  ed
 elettivamente  domiciliato  presso  l'avv.  Luigi Flauti con studio a
 Roma in via della Scrofa n. 22, avverso il decreto in data 9 dicembre
 1980, n. 81, del provveditorato agli studi di Como.
    Uditi  nella  pubblica  udienza  dell'8 aprile 1988 il patrono del
 ricorrente, il consigliere relatore ed il  pubblico  ministero  dott.
 Gennaro Faracca;
               RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
      che  Giacomo  Festa,  vedovo  dell'insegnante  elementare  Lucia
 Gilodi deceduta in attivita'  di  servizio  il  15  aprile  1954,  ha
 proposto  ricorso avverso il decreto citato in epigrafe, con il quale
 gli e' stata liquidata la pensione di riversibilita' - richiesta  con
 domanda pervenuta all'amministrazione il 23 aprile 1980 - a decorrere
 dalla data di entrata in vigore (18  dicembre  1977)  della  legge  9
 dicembre  1977,  n.  903,  sostenendo  che la pensione stessa avrebbe
 dovuto essergli attribuita dalla data di decesso della  dante  causa,
 con rivalutazione monetaria dei ratei ed interessi in misura legale;
      che   l'ufficio  del  procuratore  generale,  nelle  conclusioni
 scritte del 9 luglio 1986, ha chiesto l'accoglimento del ricorso  con
 riferimento  alla  sentenza  n.  214/1984 della Corte costituzionale,
 precisando che comunque la decorrenza della liquidanda  pensione  non
 avrebbe  potuto  essere fissata anteriormente alla data di entrata in
 vigore (1º gennaio 1958) della legge 15 febbraio  1958,  n.  46,  che
 aveva per la prima volta ammesso il vedovo a godere della pensione di
 riversibilita' della moglie dipendente o pensionata statale, il tutto
 con gli interessi in misura legale e senza la richiesta rivalutazione
 monetaria,  in  ordine  alla  cui  spettanza  sussisteva  riserva  di
 giurisdizione in favore del giudice ordinario;
      che  il  difensore  del ricorrente, con memoria depositata il 16
 marzo  1988,  ha  insistito  nella  proposta  domanda,  rilevando  al
 riguardo  l'affermata  competenza  della  sezione  a  conoscere della
 richiesta di rivalutazione monetaria dei ratei  di  pensione  scaduti
 (ss.rr.  della  Corte  dei  conti,  decisione n. 525/A del 27 gennaio
 1987), e sottolineando altresi' l'avvenuta abrogazione dell'art.  11,
 sesto  comma,  della  legge n. 46/1958, cui l'ufficio del procuratore
 generale aveva fatto riferimento per limitare al 1º gennaio  1958  la
 decorrenza   della   pensione   de   qua,   come   aveva   d'altronde
 autorevolmente affermato la  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.
 6/1980;
      che all'odierna udienza di discussione il patrono del ricorrente
 ha dichiarato di riportarsi  alla  versata  memoria  ed  il  pubblico
 ministero  ha  confermato  le proprie conclusioni gia' rassegnate per
 iscritto, estendendo peraltro la richiesta di accoglimento de gravame
 anche alla domanda di rivalutazione monetaria;
      che,  in  materia di diritto del vedovo di pubblica dipendente a
 pensione di riversibilita', e' - come e' noto - intervenuta la  legge
 n.  903/1977  che,  all'art.  11,  comma  primo,  ha  per il medesimo
 previsto l'attribuzione di detto beneficio previdenziale alle  stesse
 condizioni  stabilite  per la vedova dalla vigente normativa, purche'
 lo stato di vedovanza si fosse determinato in epoca  successiva  alla
 data di entrata in vigore della sopracitata legge;
      che peraltro la Corte costituzionale, con la sentenza n. 6/1980,
 affermata l'inammissibilita' della dedotta questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  11 della legge n. 46/1958 perche' abrogato
 dall'art. 11 della legge n. 903/1977, ha dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale  di tale ultima norma, per contrasto con gli artt. 3 e
 29 della Costituzione, limitatamente  alla  disposizione  equiparante
 alle  vedove  di  pubblici dipendenti i vedovi di dipendenti publiche
 decedute posteriormente alla data di entrata in vigore  della  citata
 legge n. 903/1977;
      che,   con   successiva   sentenza   n.   214/1984,   la   Corte
 costituzionale, al dichiarato fine di realizzare compiutamente fra  i
 coniugi  il  pricipio di equaglianza costituzionalmente garantito, ha
 altresi' dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  81,
 sesto comma, del d.P.R. n. 1092/1973, disciplinante la situazione dei
 vedovi anteriormente all'entrata in vigore della legge  n.  903/1977,
 con  la  conseguenza  che  la disciplina innovativa sulla parita' dei
 sessi introdotta da tale legge deve intendersi applicabile ai  vedovi
 di  pubbliche  dipendenti  con  decorrenza  dalla data di morte della
 dante causa, ancorche' la medesima risulti anteriore all'approvazione
 della legge stessa;
      che inoltre, sempre nella linea giurisprudenziale delle sentenze
 nn. 6/1980 e  214/1984  ed  al  fine  di  eliminare  dall'ordinamento
 previdenziale le residuali norme discriminatrici ancora esistenti, la
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.  439/1988,  ha   dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, terzo comma, della legge
 22 novembre 1962, n. 1646, stabilendo che anche i vedovi di pubbliche
 dipendenti aventi diritto al trattamento previdenziale a carico della
 Cpdel hanno  titolo  alla  pensione  di  riversibilita'  alle  stesse
 condizioni previste per le vedove degli iscritti alle predette casse,
 con esclusione di ogni limite temporale;
      che  pertanto  l'accurato  esame  cui  la  Corte costituzionale,
 utilizzando al riguardo nella  sentenza  n.  6/1980  anche  i  poteri
 attribuitile  dall'art.  27  della  legge  11  maro  1953,  n. 87, ha
 sottoposto, al fine di eliminare dall'ordinamento ogni  irragionevole
 disparita' di trattamento fra le posizioni previdenziali dei coniugi,
 la  complessa  normativa  disciplinante  il  diritto  a  pensione  di
 riversibilita'  di vedovi e vedove di pubblici dipendenti, non sembra
 avere del tutto esaurito quella funzione perequatrice delle posizioni
 giuridiche  di tali soggetti, cui la predetta Corte ha ispirato tutte
 le citate sentenze adottate a tali fini nella materia;
      che infatti, per quanto concerne le procedure di liquidazione di
 detto trattamento in favore di vedova di pubblico dipendente, le piu'
 antiche disposizioni del t.u. sullle pensioni n. 70/1985 (artt. 179 e
 182) e del relativo  regolamento  (art.  86  del  r.d.  n.  603/1895)
 ponevano  a  carico dell'avente causa l'onere della relativa domanda,
 con la conseguenza  che,  ove  la  domanda  stessa  non  fosse  stata
 proposta  entro  un  anno  dalla  morte del dante causa, il godimento
 della pensione decorreva dal primo giorno del mese  successivo  della
 presentazione dell'istanza;
      che,  con  la normativa introdotta dal r.d. n. 703/1933 (art. 2,
 primo comma) si e' successivamente prevista la liquidazione d'ufficio
 in  favore  delle  sole  vedove  di  pubblici  dipendenti deceduti in
 attivita' di  servizio,  ferma  restando  per  le  altre  ipotesi  la
 disciplina prevista dal testo unico n. 70/1985;
      che  inoltre  l'art. 22 del d.P.R. n. 20/1956 ha aumentato a due
 anni, per le pensioni da liquidarsi a domanda, il periodo  utile  per
 proporre  la  domanda  stessa  ed  ottenere la pensione della data di
 morte del dante causa;
      che  infine  gli  artt.  159 e 160 del d.P.R. n. 1092/1973 hanno
 definitivamente sancito il  principio  della  liquidazione  d'ufficio
 della  pensione  spettante  alla vedova di pubblico dipendente, senza
 piu' distinguere se  il  predetto  fosse  deceduto  in  attivita'  di
 servizio oppure in quiescenza;
      che  invece,  per quanto riguarda la liquidazione di pensione di
 riversibilita' in favore di soggetti diversi  dalla  vedova  e  dagli
 organi  minorenni (vedovo, ascendenti e collaterali), le disposizioni
 sopracitate, e, in particolare, gli artt. 159 e  160  del  d.P.R.  n.
 1092/1973,  hanno  sempre  previsto e prevedono la liquidazione della
 pensione soltanto su specifica istanza degli interessati;
      che  quindi,  avendo  il ricorrente Giacomo Festa proposto detta
 istanza il 23 aprile  1980,  non  risulta  giuridicamente  possibile,
 nonostante  le  summenzionate  affermazioni  poste a base della Corte
 costituzionale della declaratoria di incostituzionalita'  pronunciata
 con  le  sentenze  nn.  6/1980,  214/1984  e 439/1988, riconoscere al
 predetto vedovo il godimento della pensione di riversibilita' cui  il
 medesimo ha diritto a far tempo dalla data di morte della moglie;
      che  quindi  anche la disposizione discriminatrice fra i coniugi
 circa il diritto a pensione di riversibilita',  prevista  dai  citati
 artt.  159  e 160 del d.P.R. n. 1092/1973, puo' essere legittimamente
 dubitata di illegittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3 e
 29  della  Costituzione,  per  le  medesime  considerazioni e per gli
 stessi  motivi  posti  a  base  dalla  Corte   costituzionale   delle
 declaratorie di incostituzionalita' di parte dell'art. 11 della legge
 n. 903/1977, dell'art. 81, sesto comma, del  d.P.R.  n.  1092/1973  e
 dell'art.  6,  terzo comma, della legge n. 1646/1962, pronunciata con
 le sopracitate sentenze;